Gert
@letterina @libri Sono senza dignità. Nascondere le proprie responsabilità dietro gli errori altrui è il certificato più autentico che poteva fornire della sua inadeguatezza.
@letterina @libri grazie per la condivisione. Sul tema suggerisco, per chi non lo avesse visto, il film storico: “Lo Stato contro Fritz Bauer”
https://invidious.perennialte.ch/watch?v=BX6fxj747Sg
@informapirata @eticadigitale il punto forse è anche che ci sono un po’ troppi “dibattiti pubblici” su questioni e fenomeni che richiedono competenze specifiche e.non comuni per essere trattati, mentre oggi tutti si sentono qualificati abbastanza per parlare di qualunque cosa, in fondo “basta informarsi”. Aprire un dibattito pubblico su temi di sicurezza informatica non ha alcun senso, se non quello della chiacchiera.
@informapirata @eticadigitale ma guarda io ne ho letto diversi di lavori scientifici. Quelli ben fatti non domonizzano nulla proprio perché sono precisi nel definire l’oggetto e il contesto di studio. Ad esempio, dire e provare che un eccesso nell’uso dei sistemi GPS ha un effetto di perdita delle cellule neurali nell’ippocampo, una struttura fondamentale non solo per l’orientamento ma anche per altre funzioni cognitive, non vuol dire demonizzare i navigatori. La Twenge ha svolto una quantità notevole di ricerche sugli effetti di dispositivi e social negli adolescenti senza mai demonizzare nulla.
@informapirata @eticadigitale francamente, è troppo generico. Non è affatto chiaro cosa significhi “benessere”. Persino chi si fa in vena potrebbe dirti che sta una favola quando si fa e in altri suoi rituali. Non per indicare un ruolo necessariamente “tossico” della rete ma trovo molto poco precisa la ricerca.
@letterina @libri non so se questa iniziativa, più commerciale che culturale, porterà a qualcosa di buono. Mi piacerebbe sapere, ad esempio, se le app che gestiranno la pubblicazione e la lettura delle storie manderanno anche annunci o sollecitazioni diverse da quelle previste dalla semplice lettura. Leggere un romanzo o una novella significa abbandonarsi allo sviluppo di una storia, lasciarsi sollecitare un immaginario in quell’abbandono, una posizione difficile da vivere se siamo attaccati a uno smartphone.
@informapirata @eticadigitale è una questione difficile da articolare in chat. Come dicevo altrove, gli umani non sono indirizzi ip, sono esseri incarnati: le storie, prima di essere narrate, sono vissute. Il linguaggio è autentico quando porta alla parola la vita vissuta. Per questo c’è la sovrapposizione anatomica tra le strutture neurali preposte al linguaggio e le aree premotorie, ed è per questo che Aristotele indicava il linguaggio come mimesis praxeos. Nei social il linguaggio è sempre più scollato dalla vita vissuta. Le evidenze cliniche parlano chiaro: le persone che vengono in terapia portano tutte narrative scollate dalla vita vissuta. Più è profondo lo scollamento più appaiono i sintomi.
@informapirata @eticadigitale questo modo di ragionare è esso stesso espressione de problema. Non esiste una causa unica e ultima per fenomeni come il disagio e la malattia mentale. Chiedersi se i social siano la causa di quei fenomeni è già un errore. Questo poi non significa che non possano avere un ruolo, ma bisogna comprendere il fenomeno nella sua complessità.
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